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Somewhere in Northen Italy | Crema | CR

Non sono un’accanita fan dei film, difficilmente li guardo. Non perché sono una spocchiosa: semplicemente non ho il tempo per guardarli. Alla sera, quando ho un attimo di tempo per poterli guardare, mi ritrovo spiaggiata sul divano a dormire profondamente. Ecco perché non ho collegato subito di essere nella città di Call me by your…

Non sono un’accanita fan dei film, difficilmente li guardo. Non perché sono una spocchiosa: semplicemente non ho il tempo per guardarli. Alla sera, quando ho un attimo di tempo per poterli guardare, mi ritrovo spiaggiata sul divano a dormire profondamente. Ecco perché non ho collegato subito di essere nella città di Call me by your name.

Quando ho organizzato di andare a Crema non ho pensato di essere nella terra di uno dei film più importante di Guadagnino, volevo solamente visitare un posto nuovo. Andiamo a vedere insieme che cos’ho visto.

Oratorio del Santissimo Crocifisso al Quartierone, in via Quartierone 1. L’oratorio originale fu costruito nel 1717 per custodire un affresco, staccato dai muri della caserma che era stata demolita, raffigurante il Santissimo Crocifisso con la Madonna e San Giovanni. Successivamente nel 1852 fu ampliato con una campata aggiuntiva, un pronao e una sagrestia. L’uso liturgico, ossia la celebrazione della messa mensile (il primo sabato del mese) in memoria dei caduti, rafforza il legame tra pratiche civili e religiose della memoria. Internamente l’aula è ad unica navata con volte a crociera; gli affreschi delle lunette raffigurano le fasi storiche del luogo: la demolizione degli alloggi militari, la costruzione dell’oratorio, la presenza del teatro e quindi del Monte di Pietà.

Ex Teatro sociale di Crema. Il teatro nacque in un contesto in cui la città di Crema voleva dotarsi di un luogo stabile per il teatro e la musica: secondo le fonti, nel 1720 fu inaugurata una nuova sala teatrale dopo che era stata chiusa la precedente per motivi di sicurezza. Il teatro divenne un punto di riferimento cittadino, con palchi, loggione, platea, decorazioni raffinate — un vero e proprio “salotto culturale” della città. Nella notte tra il 24 e il 25 gennaio 1937 un incendio devastò il Teatro Sociale. Le cause non furono mai chiarite: si parlarono di mozziconi di sigaretta, di qualche disservizio, ma niente di certo. Per circa 20 mesi si esitò sulla decisione di demolire o ricostruire. Alla fine fu demolito ciò che rimaneva.

Palazzo Foglia. Dietro la sua facciata sobria, color miele antico, si nasconde una delle dimore storiche più interessanti della città, capace di raccontare tre secoli di storia cremasca in un solo sguardo. Il palazzo nacque nel Seicento come residenza della nobile famiglia Obizzi, poi passò, tra matrimoni e successioni, all’avvocato Pietro Foglia, che ne curò la trasformazione ottocentesca. Proprio a lui si devono molte delle eleganze che oggi possiamo ancora ammirare: la facciata armoniosa, lo scalone d’onore, il portico interno con le colonne tuscaniche che incorniciano il cortile come in una scena teatrale silenziosa. All’esterno, la facciata è un piccolo capolavoro di equilibrio: un portale centrale in pietra bugnata accoglie i visitatori, mentre le finestre superiori, ornate di cornici e piccole cimase, sembrano osservare la città con compostezza. Sotto il cornicione si aprono delicati oculi ovali, un dettaglio raro che regala leggerezza e movimento all’insieme. Dentro, l’atmosfera cambia tono: le sale al piano nobile, un tempo destinate ai ricevimenti, conservano ancora affreschi e sovrapporte con allegorie delle Virtù, dell’Amore e di paesaggi ideali. Lo scalone monumentale, aggiunto nell’Ottocento, unisce gli ambienti con grazia e un tocco di teatralità. Nel corso del Novecento il palazzo è stato ampliato, ma senza perdere la sua identità. Oggi, anche se non sempre aperto al pubblico, rappresenta una delle residenze storiche meglio conservate di Crema: un luogo che racconta la vita nobile di provincia, tra riservatezza e gusto per il bello.

Arco del Torrazzo. La sua origine si colloca tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo: già verso il 1474 si parla di una loggia coperta in quell’area che dava accesso alla piazza. Nel 1525 l’arco assume il ruolo di fulcro architettonico durante i lavori di ampliamento del vicino Palazzo Comunale di Crema: esso divide in modo asimmetrico le due ali del palazzo, creando una connessione simbolica e fisica tra la città amministrativa e lo spazio pubblico della piazza. Nel corso dei secoli la struttura è stata arricchita con decorazioni, stemmi e simboli del potere veneziano, nonché con elementi funzionali come orologio e campana.

Duomo di Crema. Costruito tra la fine del Duecento e la metà del Trecento, il Duomo è l’anima antica della città. La sua facciata in mattoni racconta secoli di fede e arte: il grande rosone marmoreo al centro, con i suoi sedici petali, irradia luce e armonia, mentre il portale d’ingresso accoglie i visitatori con la Vergine col Bambino affiancata da San Pantaleone, patrono di Crema. Ai lati si alza il campanile, slanciato e armonioso, che scandisce le ore del centro storico con il suo rintocco profondo. Entrando, si viene avvolti da una luce soffusa e dorata che filtra attraverso le vetrate. L’interno è semplice e solenne: tre navate suddivise da colonne cilindriche, archi a sesto acuto e volte a crociera che disegnano un perfetto equilibrio tra spiritualità e architettura.
Ogni passo risuona leggero sul pavimento antico, e gli affreschi che decorano le pareti – frammenti di epoche diverse – sembrano raccontare una storia di continuità e devozione. Tra le opere custodite, spiccano le tele di Francesco Bissolo e di Giovan Battista Lucini, ma anche piccole cappelle laterali dove il tempo sembra rallentare. Qui, in silenzio, si può percepire il respiro autentico della città: il legame tra fede, arte e quotidianità.

Palazzo del Comune. Quando arrivi in piazza, fermati davanti al porticato del piano terra: una sequenza di archi a tutto sesto sostenuti da colonne eleganti — pietra Botticino secondo le fonti — che creano un gioco d’ombre e di ritmo lungo la facciata.
Salendo lo sguardo al piano superiore, noterai finestre semplici alternate a trifore e bifore nello stile veneziano: è uno degli elementi che testimoniano l’influenza della Serenissima sul progetto.
Tra i piccoli dettagli che rendono il palazzo affascinante c’è la presenza di stemmi marmorei incassati nella facciata, che ricordano alcune delle famiglie patrizie e dei funzionari che governarono Crema nei secoli passati.

Torre Pretoria. Questa torre, nota anche come “Torre Guelfa” o “Torre del Capitano”, è uno dei monumenti più antichi e significativi di Crema. Secondo la tradizione fu eretta attorno al 1286 dalla fazione guelfa all’epoca dominante in città. Nel corso dei secoli, la struttura ha visto modifiche e restauri — ad esempio le finestre quadrate decorate a bugnato al primo piano e i balconcini al secondo piano testimoniano interventi rinascimentali o post-medievali.

Palazzo Pretorio. Costruito nel XVI secolo, questo palazzo era la sede del podestà veneziano, quando la città faceva parte della Serenissima Repubblica di Venezia. Basta alzare lo sguardo per lasciarsi conquistare dalla sua facciata rinascimentale: linee eleganti, logge ad archi armoniosi e dettagli che parlano di un’epoca in cui l’arte e la politica camminavano a braccetto.Oggi il palazzo ospita uffici comunali, ma basta entrare nel porticato per sentire l’atmosfera del tempo che fu.

Chiesa di San Bernardino. Costruita tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, la chiesa é nata accanto all’antico convento dei frati minori osservanti, e già dall’esterno racconta la sua sobria bellezza: mattoni a vista, linee armoniose e un equilibrio che conquista senza bisogno di sfarzo. L’interno custodisce affreschi meravigliosi, un’esplosione di colori e devozione che ricopre le pareti e le volte con scene sacre e dettagli preziosi. Tra i capolavori spiccano i cicli pittorici dei Campi, famiglia di artisti cremaschi che hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia dell’arte lombarda. Ogni angolo sembra sussurrare storie di fede, arte e silenzio.

Monumento ai caduti del lavoro. Realizzato per ricordare le donne e gli uomini che hanno perso la vita sul lavoro, questo spazio è un tributo alla dignità del fare. Le forme moderne, il contrasto tra metallo e pietra, la linearità essenziale dell’opera parlano di forza, sacrificio e resilienza — le stesse qualità che da sempre definiscono l’identità cremasca.

Palazzo De Poli Zurla. Costruito tra la fine del Cinquecento e l’inizio del Seicento, questo palazzo é stato dimora di importanti famiglie locali, tra cui i De Poli e gli Zurla, protagonisti della vita sociale e politica della città. La sua facciata, sobria ma elegante, si inserisce perfettamente nel tessuto urbano del centro, regalando a chi passa un piccolo viaggio nel tempo. Ma è varcando il portone che si entra in un altro mondo: un cortile d’altri tempi, con logge ad archi, colonne in pietra e un’atmosfera che sembra sospesa. Lì, tra luce e ombra, si percepisce ancora il respiro della Crema rinascimentale, quando le case nobiliari erano piccole opere d’arte e luoghi di vita raffinata. Il palazzo è oggi sede di eventi e mostre culturali, e ogni tanto apre le sue porte al pubblico — un’occasione imperdibile per chi ama l’arte, l’architettura e la sensazione di camminare dentro la storia.

Palazzo Tadini. Le sale del palazzo sono un piccolo tesoro d’arte e memoria. Affreschi delicati, pavimenti originali e un’atmosfera che profuma di storia. In alcune stanze si tengono mostre temporanee e concerti, perché Palazzo Tadini non è solo un edificio antico, ma un luogo vivo, dove la cultura continua a respirare e rinnovarsi.

Casa Vanolo Alfieri. La facciata, sobria ma armoniosa, rivela già l’anima della casa: equilibrio e misura, come vuole la tradizione delle dimore nobiliari cremasche. Dietro il portone, si apre un cortile interno dall’atmosfera intima, incorniciato da arcate eleganti e muri che portano ancora i segni della vita di chi vi ha abitato. Gli interni conservano dettagli preziosi — soffitti a cassettoni, pavimenti in cotto antico, porte lignee dal profumo di cera e tempo — elementi che raccontano il legame profondo tra architettura e vita quotidiana. Ogni stanza sembra custodire un’eco di conversazioni e passi, di luci filtrate attraverso tende leggere nelle mattine d’estate. Casa Vanoli Alfieri è uno di quei luoghi che non cercano di stupire con la grandiosità, ma con la raffinatezza silenziosa di chi ha saputo attraversare i secoli mantenendo intatta la propria identità. È una casa che parla sottovoce, che invita a osservare, ad ascoltare, a lasciarsi avvolgere dal ritmo lento e poetico delle sue mura. Un piccolo gioiello architettonico, testimone della Crema più autentica, dove storia, arte e quotidianità si intrecciano in un equilibrio perfetto.

Ex Palazzo Vailati già Bisleri. La facciata, composta e armoniosa, porta con sé la raffinatezza dell’architettura ottocentesca. Le finestre ornate da cornici e timpani, il balcone centrale sorretto da mensole scolpite, e la sobrietà delle linee raccontano la misura e l’eleganza di un’epoca che amava l’ordine e la proporzione più dello sfarzo. Le due entrate gemelle sulla strada, una oggi dedicata a un’attività commerciale e l’altra che conduce al cortile interno, conservano ancora le iniziali incise “V. B.” — un piccolo segno che rimanda al nome di Vincenzo Bisleri, l’uomo che, nell’Ottocento, ne rinnovò l’aspetto e la destinazione. Dietro quella facciata si nascondeva un tempo un mondo di stanze alte e luminose, di pavimenti in cotto e porte lignee, dove la vita della borghesia colta di Crema scorreva tra ricevimenti, conversazioni e letture. È proprio qui che visse Giovanni Vailati, matematico e filosofo, figura di spicco della cultura italiana tra Otto e Novecento: la casa, con i suoi spazi raccolti e i suoi silenzi, sembra ancora conservare l’eco dei suoi pensieri e delle sue riflessioni. Il cortile interno, chiuso e protetto, è un piccolo scrigno urbano: il cuore privato di una dimora che, pur nel tempo, ha saputo mantenere intatta la propria dignità architettonica. Nonostante non sia sempre visitabile all’interno, basta fermarsi un momento sotto l’arco d’ingresso per percepire la quiete che il palazzo ancora emana. Oggi Palazzo Vailati è un simbolo della Crema ottocentesca, quella delle famiglie che seppero unire il gusto per la modernità con il rispetto per la tradizione. Un edificio che racconta, in pietra e intonaco, la trasformazione della città: dal fasto delle residenze nobiliari del Seicento alla compostezza borghese dell’età moderna.

Chiesa di Sant’Afra. Entrando nella chiesa, la prima sensazione è quella di un respiro che rallenta: l’esterno, sobrio ma misurato, lascia intravedere che all’interno ci attende qualcosa di raccolto ma significativo. Il portale d’ingresso funge da soglia fra la quotidianità cittadina e uno spazio dedicato al silenzio: varcandolo si ha l’impressione di lasciare la fretta fuori, per entrare in un’atmosfera sospesa. La chiesa non è semplicemente uno spazio sacro: è custode di una memoria comunitaria. Le pareti, forse decorate o con lastre di pietra antica, raccontano di preghiere, di celebrazioni, di momenti di raccoglimento. Il culto di Sant’Afra stesso richiama un legame profondo con la martire omonima: leggendo la storia della santa si intuisce come il luogo non sia solo architettura ma testimonianza di fede. Quando entri, puoi immaginare le campane che in passato annunciavano l’inizio della messa, i fedeli che si avvicinavano, le candele accese. Le tracce del tempo – piccole fessure, restauri, magari colori attenuati – parlano di continuità e di cambiamento. Ogni centimetro della chiesa sembra abbracciare quell’idea di “luogo di incontro” tra il terrestre e il divino.

Piazza Garibaldi. Il primo incontro è con Porta Serio, l’antico accesso orientale alla città. La sua struttura imponente ma elegante, con il profilo neoclassico ideato nell’Ottocento da Faustino Rodi, è una soglia nel tempo: un arco che unisce la Crema delle mura e delle difese alla Crema moderna e accogliente. Passandoci sotto, si percepisce il passaggio da un’epoca all’altra, quasi come se la pietra custodisse ancora l’eco delle carrozze che un tempo attraversavano la città. Davanti, la piazza si apre luminosa e ordinata. Le facciate dei palazzi, dalle tonalità calde e leggere, dialogano con la Chiesa di San Benedetto Abate, che domina la scena con la sua compostezza monastica. La luce del pomeriggio accarezza la pietra della facciata, ne risalta le linee semplici e il ritmo delle finestre, mentre il suono distante delle biciclette e delle conversazioni riempie l’aria di una familiarità tutta lombarda. Piazza Garibaldi è un luogo in cui le epoche si intrecciano senza scontrarsi: il passato monastico della vicina chiesa, il segno ottocentesco della porta monumentale, e la vitalità quotidiana dei caffè e dei negozi che animano il perimetro. Nei giorni di mercato, la piazza si trasforma: profumi di frutta, voci, risate, colori che cambiano a ogni stagione. Ma basta tornare qui la sera, quando le luci si fanno soffuse e i passi si diradano, per riscoprire il suo volto più contemplativo — quello che invita a fermarsi, a guardare verso la porta illuminata e a immaginare la città com’era un secolo fa. È una piazza che non si limita a essere un luogo di passaggio: è un crocevia di storie, dove la vita moderna incontra la memoria urbana. Sedendosi su una panchina, si può osservare l’andirivieni dei cremaschi, le biciclette che sfrecciano, i bambini che giocano, le persone che si salutano come in una coreografia spontanea. Ogni gesto, ogni sguardo sembra raccontare che Crema, in fondo, ha conservato la sua dimensione più autentica: quella di una città che vive ancora a misura d’uomo.

Giardini Pubblici Porta Serio. Appena oltrepassata Porta Serio, la storica soglia orientale della città, si apre un luogo che sembra invitare a rallentare il passo: i Giardini di Porta Serio, il più antico e amato spazio verde di Crema.
Qui la città cambia ritmo: le voci del traffico si fanno lontane, sostituite dal fruscio delle foglie, dal canto discreto degli uccelli e dal passo lento di chi passeggia tra i viali alberati. I giardini sono stati progettati nell’Ottocento come naturale completamento della Porta, in un’epoca in cui l’idea di spazio urbano cominciava a dialogare con quella di paesaggio e benessere pubblico. Ancora oggi mantengono quel fascino ottocentesco, fatto di sentieri ordinati, panchine in ferro battuto e grandi alberi che sembrano vegliare sulla città. Le essenze arboree — platani, tigli, cedri e ippocastani — creano una scenografia di verde che cambia colore a ogni stagione: in primavera un’esplosione di tonalità tenere, in estate ombra e frescura, in autunno tappeti dorati di foglie che scricchiolano sotto i piedi. Passeggiando lungo i viali, si incontrano aiuole geometriche e scorci che incorniciano la Porta, la chiesa di San Benedetto e le vie vicine. Ogni prospettiva sembra studiata per creare equilibrio, come se architettura e natura avessero imparato a dialogare nel tempo.
Sui prati si alternano studenti che leggono, famiglie che giocano, anziani che si scambiano parole quiete: una piccola comunità che ogni giorno si rinnova e convive in questo spazio condiviso. Ma i Giardini di Porta Serio non sono solo un luogo di passeggio: sono anche memoria collettiva. Testimoniano l’evoluzione della città e la sua attenzione per la bellezza quotidiana. Non a caso, nel 2021 sono stati tra i “Luoghi del Cuore” del FAI, riconosciuti dai cremaschi come uno spazio da proteggere e valorizzare. Oggi, grazie a iniziative e restauri, i giardini continuano a essere un punto d’incontro tra storia e natura, dove il tempo sembra scorrere più lentamente. Fermarsi qui, anche solo per pochi minuti, significa ritrovare il ritmo gentile di Crema: quello di una città che sa custodire la sua anima verde.

Piazzale delle Rimembranze. Appena lasci alle spalle il ritmo della via che porta alla stazione, il Piazzale delle Rimembranze ti accoglie con una calma inattesa. L’aria sembra più leggera, come se lo spazio aperto avesse il compito di rallentare i passi di chi lo attraversa. Al centro, due ginkgo biloba si ergono maestosi, tronchi robusti e chiome simmetriche che sembrano abbracciare la fontana. Le foglie, soprattutto in autunno, cadono come piccoli frammenti dorati, e il loro scricchiolio sul selciato crea una melodia discreta, quasi impercettibile, ma incredibilmente suggestiva. La fontana, semplice e armoniosa, riflette la luce del cielo, aggiungendo un tocco di freschezza visiva all’insieme verde. Passeggiando tra i giardini circostanti, si percepisce il lento scorrere della vita quotidiana: studenti con lo zaino sulle spalle che si affrettano verso la stazione, anziani che chiacchierano seduti sulle panchine, bambini che rincorrono foglie o piccoli uccelli. Ogni gesto sembra parte di un ritmo collettivo, un equilibrio tra il movimento della città e la quiete che il piazzale offre. Il nome stesso — Rimembranze — aleggia come un invito silenzioso: a ricordare, a riflettere, a fermarsi un momento. Non è solo un luogo di transito, ma uno spazio in cui memoria e presente si intrecciano, dove la comunità ritrova un legame con la propria storia, con i gesti semplici e quotidiani che rendono viva Crema. Sedendosi su una panchina e guardando i ginkgo illuminati dal sole, si percepisce come il piazzale non sia solo uno spazio urbano, ma un piccolo teatro di vita, un luogo dove ogni foglia caduta e ogni passo raccontano qualcosa della città e delle persone che la vivono.

Via Luigi Cadorna. Dal ponte di via Luigi Cadorna si può gustare i colori del fiume Serio e dei parchi che lo circondano.

Parco della Vita. Un angolo di natura dove ci si può allenare all’aperto grazie agli attrezzi installati in maniera permanente. Ideale specialmente nei mesi estivi.

Passeggiata sul Serio. Di fianco al fiume troviamo questa lunga passeggiata immersa nella natura, a pochi passi dal centro città. Ideale per fare delle lunghe camminate, andare in bicicletta e svuotare la mente per un po’ di tempo.

Parco del Serio. A fianco del fiume, troviamo un parco dove possiamo rilassarci, camminare, fare sport e goderci la natura.

Palazzo del Quirinale. Si erge nel cuore di Crema e raccontare storie di secoli passati, con le sue facciate eleganti e il passo sicuro delle pietre consumate dal tempo. La luce del mattino accarezza i muri di un bianco caldo, facendo risaltare i dettagli scolpiti: finestre alte, cornici ornate, e piccoli balconi in ferro battuto che sembrano sospesi nel vuoto, custodi silenziosi di chi passa di sotto. Il portone principale, massiccio e imponente, invita a varcare la soglia come chi entra in un mondo separato dal frastuono della città. All’interno, i pavimenti in marmo riflettono appena la luce che filtra dalle grandi vetrate, e i corridoi sembrano infiniti, decorati con stucchi e affreschi che raccontano la storia di Crema e dei suoi antichi abitanti. Ogni sala ha un carattere proprio: alcune odorano di legno antico, altre di carta e inchiostro dei libri che si accalcano sugli scaffali. Lampadari di cristallo pendono dal soffitto alto, tremolando leggermente al passaggio del vento che entra dalle finestre aperte. Dalle finestre del piano nobile si può osservare la città: le torri delle chiese, i tetti rossi delle case e, più lontano, le campagne che si stendono fino all’orizzonte. Il palazzo non è solo un edificio: è un testimone silenzioso di Crema, custode delle sue memorie e dei suoi segreti. Chi lo visita non può fare a meno di sentirsi piccolo di fronte alla sua storia, ma al tempo stesso parte di un filo che lega passato e presente, pietra e uomo, arte e vita quotidiana.

Chiesa di Santa Maria di Porta Ripalta. All’interno, la luce filtra dalle vetrate, creando giochi di colore e ombra sulle navate, che sembrano cantare in silenzio il racconto di chi le ha percorse prima di noi. L’aria è intrisa di un profumo antico, un misto di legno, incenso e pietra, che parla di preghiere sussurrate e di mani che hanno accarezzato i banchi nel corso dei secoli. Gli affreschi e le decorazioni, seppur sobrie, raccontano storie sacre e leggende di Crema, e ogni dettaglio sembra sussurrare un segreto, un frammento di vita medievale ancora vivo nella memoria della città. Sedersi su un banco e osservare le volte della chiesa è come viaggiare indietro nel tempo: si percepisce il lento scorrere della vita, gli eventi grandi e piccoli che hanno attraversato le sue mura. La chiesa di Santa Maria di Porta Ripalta non è solo un edificio: è un testimone silenzioso della storia di Crema, custode delle emozioni dei cittadini, punto di incontro tra passato e presente. E fuori, oltre le porte, la città pulsa ancora, ma dentro, tra quelle mura antiche, si respira una quiete che invita alla riflessione, alla contemplazione, e a sentirsi parte di qualcosa che trascende il tempo.

Ex Palazzo Compostella già Dolfin. L’edificio, con la sua facciata sobria e le linee architettoniche che sfumano nel tempo, non si impone ma invita a essere scoperto. Le finestre, incorniciate da cornici in terracotta e architravi in pietra, raccontano di un’epoca in cui ogni dettaglio era pensato per armonizzarsi con l’ambiente circostante. Il portale d’ingresso, semplice ma elegante, accoglie chi si avventura a varcare la soglia del tempo, conducendo in un cortile interno che sembra sospeso tra passato e presente. All’interno, il palazzo rivela la sua struttura articolata: un androne che conduce a un cortile porticato, dove colonne in pietra sorreggono archi che raccontano di un’architettura che sa di antico. Il pavimento in ciottoli bianchi e neri forma motivi geometrici che guidano lo sguardo verso il fondo del cortile, dove un cancello moderno in ferro battuto, disegnato dall’architetto Mario Scaramuzza, introduce a un vicoletto laterale di via Giuseppe Mazzini. Il palazzo, pur non essendo più abitato dalla nobile famiglia Compostella, conserva nel suo silenzio la memoria di chi lo ha vissuto. Le sue mura, purtroppo non sempre visibili a chi passa distrattamente, custodiscono storie di un passato che ancora oggi sussurrano a chi sa ascoltare. Passeggiando lungo via Giacomo Matteotti, è facile lasciarsi sfuggire questo angolo di storia. Ma per chi sa fermarsi e osservare, l’Ex Palazzo Compostella offre uno spunto di riflessione sulla bellezza discreta e sulla ricchezza culturale che ogni angolo di Crema ha da offrire.

Palazzo Bonzi già Benvenuti. La facciata del palazzo si distingue per la sua simmetria e sobrietà. Il portale d’ingresso, sormontato dallo stemma della famiglia Bonzi, è incorniciato da un balcone che aggiunge un tocco di eleganza. Sopra di esso, una finestra centrale si apre come un occhio che scruta la strada sottostante, mentre le finestre laterali, più piccole, equilibrano l’insieme. L’intonaco giallo ocra conferisce calore all’edificio, che si inserisce armoniosamente nel contesto urbano circostante. Varcando la soglia, ci si trova di fronte a un portico sorretto da cinque arcate, ciascuna sostenuta da due colonne che conferiscono leggerezza e slancio alla struttura. Il portico conduce a un ampio giardino interno, un’oasi di verde che offre un respiro di tranquillità nel centro cittadino. Salendo una monumentale scalinata, si accede alla loggia del primo piano, anch’essa composta da cinque arcate, che precede le stanze nobili dell’edificio.

Oratorio di San Giovanni Battista. La facciata dell’oratorio si presenta semplice ma imponente, con alte lesene laterali che conferiscono slancio all’edificio. Il portale marmoreo, sormontato dal motto “CHARITAS”, accoglie i visitatori con un invito alla riflessione sulla carità, valore centrale della confraternita. Varcando la soglia, si entra in un ambiente che trasuda spiritualità e arte. L’interno, a pianta rettangolare con volta a botte, è interamente affrescato da Gian Giacomo Barbelli nel 1636. Le pareti raccontano la vita di San Giovanni Battista attraverso scene vivide e dettagliate, mentre le storie delle “Opere di Misericordia corporale e spirituale” sono rappresentate in sei medaglioni sorretti da putti, che illustrano atti di carità quotidiana del Seicento. Oltre alla sua bellezza artistica, l’oratorio ha sempre avuto una funzione sociale e comunitaria. Dopo la soppressione della Compagnia della Carità nel 1810, l’oratorio divenne sussidiario della parrocchiale di San Giacomo Maggiore. Oggi, continua a essere un luogo di preghiera e di incontro per la comunità cremasca.

Teatro di San Domenico. La storia del teatro affonda le radici nel lontano 1332, quando é stato fondato il convento di San Domenico da fra’ Venturino de Apibus da Bergamo. Nel corso dei secoli, l’edificio ha subito numerose trasformazioni: da convento medievale a sede dell’Inquisizione, da caserma a ospedale, da scuola a palestra. Solo nel 1999, dopo oltre sessant’anni di attesa, la città ha visto la realizzazione di un nuovo teatro, che ha preso vita proprio all’interno di questo antico complesso architettonico e culturale. Oggi, il Teatro San Domenico è gestito dalla Fondazione San Domenico e ospita una varietà di spettacoli: prosa, danza, musica, cabaret e teatro per ragazzi. La stagione teatrale è ricca e variegata, con eventi che spaziano dalla musica classica alla danza contemporanea, dal teatro comico alle performance per le scuole. All’interno del teatro, è possibile ammirare affreschi risalenti all’epoca del convento, che decorano il foyer e i corridoi. Questi dipinti, tra cui scene della vita di San Domenico e dell’Annunciazione, testimoniano la ricca tradizione artistica del luogo.

Mercato del lino e dei grani. In Piazza Trento e Trieste, si erge l’imponente struttura del Mercato del Lino e dei Grani, un edificio che racconta secoli di storia e tradizione. Costruito tra il 1842 e il 1844 su progetto dell’architetto Baldassarre Corbetta, il mercato é statoeretto per ospitare i banchi di granaglie e lini, che fino ad allora venivano esposti in Piazza Duomo, contribuendo a preservare il decoro del centro storico. L’edificio é stato progettato per assolvere a una doppia funzione: pratica, come spazio per il commercio, e celebrativa, come testimonianza della visita dell’imperatore Francesco I d’Austria a Crema nel 1825. La facciata del mercato si distingue per la sua sobria eleganza. Tre ampie arcate, sorrette da colonne doriche, si aprono sulla piazza, dando accesso a un portico coperto che un tempo ospitava i commercianti. Sopra le arcate, una trabeazione reca l’iscrizione commemorativa della visita imperiale, testimoniando l’importanza dell’evento. L’interno dell’edificio è caratterizzato da un ampio spazio centrale, diviso da colonne in due navate, con un soffitto a volte che conferisce maestosità all’ambiente. Oggi, il Mercato del Lino e dei Grani, pur non svolgendo più la funzione di mercato, continua a essere un punto di riferimento per la città. La sua imponente struttura e la posizione centrale lo rendono un luogo di passaggio e di sosta per residenti e visitatori, che possono ammirare la sua architettura e riflettere sulla storia che ha attraversato.

Ex Chiesa di Santo Spirito e Santa Maddalena. Le radici dell’edificio affondano nel 1277, quando i fratelli Alberto e Ottobono Bombelli hanno fondato l’Ospedale di Santo Spirito. I frati dell’Ordine di Santo Spirito, noti come “frati della Barba”, risiedevano presso la chiesa di Santa Maddalena, dove si dedicavano alla cura degli infermi e alla carità. Questa istituzione religiosa e assistenziale rappresentava un punto di riferimento fondamentale per la comunità cremasca dell’epoca. Nel periodo tra il 1511 e il 1524, l’architetto e scultore cremasco Agostino De’ Fondulis ha progettato e realizzato la chiesa dedicata a Santo Spirito e Santa Maria Maddalena. L’edificio, di stile rinascimentale, é stato eretto come oratorio pubblico per l’annesso ospizio gestito dai religiosi. La sua costruzione rappresenta un esempio significativo dell’architettura sacra dell’epoca. Oggi, l’ex chiesa ospita eventi culturali e mostre, diventando un punto di riferimento per la comunità cremasca. Nel 2024, ad esempio, è stata allestita una mostra dedicata al maestro cremasco Agostino Ghilardi, che ha attirato l’attenzione di numerosi visitatori.

Palazzo Benzoni Scotti Martini Donati. La storia del palazzo inizia alla fine del XV secolo con la famiglia Benzoni, una delle più potenti e influenti della Crema medievale. Nel 1491, Socino Benzoni ottiene il permesso di demolire una parte delle mura cittadine per creare un accesso diretto a Piazza Duomo, aumentando così la visibilità e l’importanza del palazzo. La leggenda narra che durante la battaglia di Agnadello nel 1509, Socino é stato determinante nel salvare la città dalla distruzione grazie alla sua abilità diplomatica nel negoziare la resa con le forze francesi. Nel 16° secolo, il palazzo é passato alla famiglia Scotti, originaria di Piacenza. I conti Scotti hanno risieduto nell’edificio fino al 1765, quando padre Davide Scotti, gesuita, lo ha venduto a Giuseppe Martini, un mercante di bestiame che desiderava nobilitarsi. Nel 1770, Martini ha ottenuto il titolo di conte di Pradello e Cazzano, territori nel Veronese. Tra i membri della famiglia Martini, spicca Enrico Martini, protagonista delle lotte risorgimentali e deputato del Regno d’Italia dopo l’Unità. Durante la proprietà della famiglia Martini, il palazzo ha subito significativi interventi di ristrutturazione. Le stanze del piano nobile sono state decorate con eleganti motivi a grottesca e neoclassici, mentre la facciata venne arricchita con finestre timpanate e decorazioni in stile barocchetto. Nel 1914, é stata aggiunta una bassa costruzione sul lato sud per congiungere le due ali, sostituendo le antiche scuderie. Il palazzo conserva nei lati nord e ovest l’originaria struttura cinquecentesca, realizzata in laterizio, mentre i prospetti settecenteschi sono intonacati e caratterizzati da esuberanti decorazioni plastiche. La facciata presenta un austero portale d’ingresso sovrastato da un balcone in ferro battuto del Cinquecento. Nel cortile interno, le colonne dei portici al piano terra mostrano sui capitelli lo stemma della famiglia Benzoni, un mastino nero su losanghe. L’ingresso all’ala cinquecentesca è sottolineato da un leggiadro capitello pensile.

Palazzo Pizzoccaro, già Tensini. Il palazzo prende il nome dalla famiglia Pizzocaro, una delle famiglie nobili di Crema. Nel corso dei secoli, la famiglia ha avuto un ruolo significativo nella vita politica e sociale della città. Le origini precise della famiglia e la data di costruzione del palazzo non sono facilmente reperibili, ma è probabile che l’edificio sia stato eretto tra il XV e il XVI secolo, periodo in cui molte famiglie nobili di Crema costruivano residenze signorili. Il Palazzo Pizzocaro presenta una facciata in stile rinascimentale, con elementi decorativi che riflettono l’eleganza e la raffinatezza dell’epoca. La struttura si sviluppa attorno a un cortile interno, tipico degli edifici nobiliari, che offre uno spazio di tranquillità e riservatezza. Le finestre e le porte sono caratterizzate da archi e cornici in pietra, mentre all’interno si possono ammirare soffitti affrescati e pavimenti in cotto, testimonianze della maestria artigianale del tempo.


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