Ho visitato il Bosco del Chignolo da sola, in avanscoperta, con l’idea di capire se potrebbe diventare teatro di un’uscita educativa. Camminando tra i suoi sentieri ho percepito immediatamente che non è solo una pineta: è un luogo carico di storia, di biodiversità, di possibilità di scoperta, che può insegnare tanto — non solo agli alunni, ma anche a chi si occupa di educazione ambientale e didattica esperienziale.
Prima cerchiamo di contestualizzare il Bosco del Chignolo. “Chignolo” deriva dal dialetto brianzolo “chignoeu”, che significa “cuneo”, per la forma triangolare dell’area verde con la punta rivolta a nord.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale, l’intera area era coltivata. Infatti proprio qui si potevano trovare intere piantagioni di frumento e cereali, successivamente però la zona é stata convertita in pineta di Pino strobo per l’industria cartaria. C’è stato un grosso problema: chi ha progettato la pineta ha piantato gli alberi troppo vicini e, crescendo, molti alberi sono morti.
Nel 1989 il Comune di Triuggio ha acquistato la pineta per preservarla. Negli anni ‘90‑2000 è iniziata la riqualificazione, fino al progetto “Bosco in città” (iniziato recentemente) che include interventi forestali, sostituzione di piante malate con specie autoctone, migliore fruibilità, cartellonistica, segnaletica.




Ora vediamo la flora, la fauna e gli habitat presenti nel bosco:
- Flora: accanto al pino strobo, negli anni sono comparse specie arboree autoctone e pioniere: carpino bianco, carpino nero, felci, castagni, robinie, anche bosso. Sottobosco con mughetti, fragole di bosco.
- Fauna: diverse specie che hanno trovato habitat nel bosco: volpe rossa, coniglio selvatico, passero, fagiano, gufo comune, pipistrello nano, cornacchia grigia.
- Habitat e posizione ambientale: il Bosco del Chignolo fa parte del Parco Regionale della Valle del Lambro, e rientra nel SIC (Sito di Interesse Comunitario) del Rio Cantalupo. Questo significa che è inserito in un contesto più ampio di tutela ambientale.

Ecco alcune ragioni che ho percepito, basandomi sulla visita + informazioni raccolte, per cui è un ottimo luogo per attività educative:
- Accessibilità
È vicino ad aree abitate, è facilmente raggiungibile da Triuggio e dai comuni limitrofi. Non serve andare in montagna o molto lontano per avere un’esperienza immersiva nella natura. - Varietà di habitat e specie
Anche se è una pineta in origine, la convivenza con specie autoctone e con informazioni naturali lungo i sentieri rende possibile proporre attività diverse: riconoscimento di piante, osservazione di animali, dialogo su ecologia e cambiamenti ambientali. - Percorsi e strutture
Sono presenti sentieri per pedoni, ciclisti, aree picnic, pannelli informativi (“stazioni dello zodiaco”, pannelli che associano specie vegetali e animali).
I percorsi sono anche pensati per accessibilità secondo documenti relativi al Parco. - Progetti e uscite già esistenti
Ci sono laboratori, iniziative per bimbi (“letture animate”), orienteering, eventi del Parco Valle Lambro. Ciò dimostra che la comunità e le istituzioni locali credono nel potenziale educativo del bosco. - Potenziale per apprendimento esperienziale
Il bosco permette di fare attività che vanno oltre la lezione frontale: ascoltare suoni della natura, studiare il suolo, fare misurazioni, riconoscere le specie, esplorare ecosistemi, riflettere su conservazione e cambiamento climatico. - Sensibilizzazione e cittadinanza attiva
Trovando esempi di pulizie organizzate, di volontari che collaborano per la manutenzione, si può coinvolgere i ragazzi nel prendersi cura del luogo. Questo favorisce un’educazione anche al rispetto e al senso di responsabilità verso il territorio. - Prospettive positive (restauro ecologico, specie autoctone, mitigazione)
Con il progetto “Bosco in città”, interventi che prevedono sostituzioni di piante malate, uso crescente di specie locali, miglioramento della sicurezza del territorio (idrogeologia), miglioramento della fruizione. Ottimo spunto per parlare con ragazzi di gestione delle aree naturali, restauri ecologici, sostenibilità.


Che attività si potrebbero fare al Bosco del Chignolo?
| Attività | Obiettivi formativi | Materiali / preparazione |
|---|---|---|
| Orienteering + mappa | Imparare a leggere una mappa, orientarsi, riconoscere elementi naturali, sviluppare senso spaziale | Mappe del bosco, bussola, segnalazioni, punti di osservazione, schede per annotazioni |
| Indagine botanica | Riconoscere specie vegetali, capire biodiversità, relazioni tra vegetazione e ambiente (suolo, luce, umidità) | Schede / chiavi botaniche, lenti, campioni foglie, foto, segnalibri per alberi |
| Caccia al suono / all’animale | Ascolto della natura, educazione sensoriale, riconoscimento di suoni di animali (uccelli, insetti), silenzio come strumento pedagogico | Registratori audio / smartphone, fogli per annotazioni, guida sui suoni della fauna locale |
| Laboratorio sul ciclo vitale / gestione del bosco | Capire come funziona un ecosistema boschivo, successione, specie autoctone vs specie introdotte, gestione forestale | Disegni, foto storiche/sequenze temporali, confronto specie autoctone, esperimento di germinazione |
| Progetto di cittadinanza attiva | Responsabilità ambientale, cura del territorio, lavoro di gruppo | Guanti, sacchi per raccolta rifiuti, collaborazione con associazioni locali, registrazione dell’attività |
Visitare il Bosco del Chignolo da sola mi ha permesso di percepire il ritmo del silenzio, di notare luci e ombre che cambiano, di ascoltare il vento tra i pini, di cogliere quel desiderio che molti bambini hanno: muovere i piedi su un sentiero non asfaltato, toccare le foglie, innamorarsi di un fiore selvatico.
Credo che un’uscita educativa qui possa aprire tante finestre: su cosa significa gestire la natura, su come la storia umana incida sugli ecosistemi, su quanto sia preziosa la biodiversità, ma anche su come ognuno di noi possa essere parte del cambiamento.
Il Bosco del Chignolo è più di uno spazio verde vicino casa. È un’aula a cielo aperto, un laboratorio naturale che può dare corpo a molte idee didattiche, una testimonianza viva di come un ambiente può essere curato, protetto, vissuto. Se stai cercando un luogo dove educare alla natura, al rispetto, alla consapevolezza ambientale, questo bosco offre tanto — e merita di essere scoperto, portato nelle scuole, vissuto in tante stagioni.
Se all’uscita didattica ed educativa si vuole aggiungere anche un po’ di storia locale, è importante visitare la pietra d’inciampo in memoria di Domenico Riva, proprio vicino al Bosco del Chignolo.


Nato il 1° gennaio 1914 in una famiglia contadina, Domenico era uno dei dodici figli cresciuti nella Triuggio rurale del primo Novecento. La sua era una vita fatta di lavoro e legami forti, in un mondo che sembrava lontano dalle grandi svolte della storia. Ma poi venne la guerra — e tutto cambiò.
Nel 1939 fu richiamato alle armi, come tanti giovani italiani. Prese parte alla campagna nei Balcani e, nel 1943, si trovava in Germania con il grado di Caporale Maggiore di Artiglieria. L’8 settembre, con l’armistizio, per molti soldati italiani iniziò un calvario: i tedeschi li considerarono traditori e li deportarono nei lager. Domenico fu uno di loro.
Venne internato nel campo di prigionia di Siegelsbach, in Germania. Non era un campo di sterminio, ma il destino non fu meno crudele: fame, freddo, lavori forzati e umiliazione logorarono in fretta il suo corpo. Morì il 7 marzo 1945, poche settimane prima della fine del conflitto. Aveva 31 anni.
A casa, ad aspettarlo, c’era sua moglie Angelica. Non lo rivide mai. La notizia della sua morte arrivò tramite una lettera scritta dal cappellano militare. Il suo corpo riposa nel cimitero cattolico di Siegelsbach, lontano dalla sua Triuggio.
Ma oggi, la sua memoria è tornata a casa. Nel 2023, lo Stato italiano gli ha conferito la Medaglia d’Onore alla memoria, riconoscendo il sacrificio di chi, come lui, fu deportato e morì per non aver rinnegato il proprio Paese.
Domenico Riva ci insegna che anche da un piccolo paese, anche da una vita apparentemente ordinaria, può arrivare una testimonianza di dignità. Portare i ragazzi nel bosco, oggi, può essere l’occasione per farli entrare in contatto con la storia viva del loro territorio. Perché la libertà che respiriamo tra gli alberi è fatta anche del silenzio e del coraggio di uomini come lui.
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